Quasi abbracciati e mano nella mano, uccisi entrambi da un colpo di pistola alla testa. Furono trovati così, il 31 ottobre 1980, sotto un enorme pino marittimo nella Vigna del Principe a Giarre, i corpi del venticinquenne Giorgio Agatino Giammona e del quindicenne Antonio Galatola, detto Toni. I due erano scomparsi quattordici giorni prima. Subito, nella cittadina del catanese, si inizia a vociferare di doppio suicidio, o di omicidio-suicidio. Per tutti, in paese, le vittime erano i ziti – «i fidanzati» – e Giorgio veniva ormai da tempo additato quale puppu cu bullu: un «frocio patentato», insomma, accusato di aver traviato un giovane innocente. A rendere inaccettabile quella relazione è, in realtà, solo l’orientamento sessuale dei due: a quella stessa società sembra assolutamente normale che una sorella di Toni sia andata via di casa a dodici anni, e a quindici sia già madre. Intanto, mentre i parenti delle vittime si affannano a negarne l’omosessualità, le indagini si infrangono contro un muro di silenzio e i punti da chiarire restano tanti. Com’è possibile che i cadaveri siano stati rinvenuti in una zona battuta, a poche centinaia di metri dalla caserma dei carabinieri? E come conciliare la posizione dei corpi e la traiettoria dei proiettili con l’ipotesi di suicidio-omicidio? Infatti, di lì a pochi giorni, il tredicenne Francesco Messina – nipote di Toni – confessa: i due l’hanno supplicato di ucciderli, e sono arrivati persino a minacciarlo di morte se non li avesse aiutati. Poi, però, il ragazzino ritratta, sostenendo di aver confessato dietro pressione delle forze dell’ordine. Quello che è certo è che Giorgio e Toni sono morti del pregiudizio di una intera comunità nei loro riguardi. La vicenda scosse fortemente l’opinione pubblica, che fu portata per la prima volta a riconoscere l’esistenza dell’effettiva discriminazione verso le persone omosessuali. Come diretta conseguenza nacque il Fuori! di Catania. E, il 9 dicembre 1980, a poco più di un mese dal ritrovamento dei corpi dei due ragazzi fu costituito a Palermo su organizzazione di don Marco Bisceglia il primo nucleo di Arcigay, la più importante associazione LGBT+ italiana. Attraverso l’attenta ricostruzione del delitto (alla luce degli articoli coevi, di testimonianze provenienti dall’ambiente familiare degli ziti, da quello civico giarrese e da quello degli attivisti/e) Francesco Lepore racconta quattro decenni di battaglie e rivendicazioni del movimento LGBT+ italiano.
Francesco Lepore (Benevento, 1976) è giornalista e studioso di storia della spiritualità cristiana in epoca medievale e moderna. Sacerdote dal 2000 al 2006, è stato latinista papale presso la Segreteria di Stato e poi officiale della Biblioteca Apostolica Vaticana. Si occupa di Vaticano e temi LGBT+ per «Linkiesta», su cui cura anche il blog quotidiano in lingua latina O tempora, o mores. Tra le sue numerose pubblicazioni sono da segnalare la curatela del volume L’Immacolata, segno della Bellezza e dell’Amore di Dio (PAMI, Città del Vaticano 2005 con prefazione del cardinale Joseph Ratzinger) e l’edizione critica del testo massonico settecentesco Il Purgatorio Ragionato (in «Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae», XX, 2014).
Scritto da: Francesco Lepore
Titolo: Il delitto di Giarre. 1980: un «caso insoluto» e le battaglie del movimento LGBT+ in Italia
Edito da: Rizzoli
Anno di pubblicazione: 2021
Pagine: 192
ISBN: 9788817157407