Per il protagonista, in fuga dalla Parigi mondana e dissoluta degli anni Venti, la solitudine, tanto desiderata quanto sofferta, è l’occasione per interrogarsi sul chi sono io e sul come vivere la vita. Il soggiorno in una sperduta località delle Alpi francesi diventa anche una possibile cura interiore, nel tentativo di superare il conflitto tra tormento della memoria e abbandono all’oblio. Contro la finzione dei rapporti sociali, l’incertezza di quelli sentimentali e una conflittuale sessualità, il venticinquenne Crevel ricorre alla scrittura in cerca di una riconciliazione tra l’io e il corpo nel segno dell’autenticità e di una morale capace di ricomporre istinto vitale e istinto mortale, lucidità dell’intelligenza e confusione dei sensi. Ne Il mio corpo ed io (1925) René Crevel riflette sulla sua sete di vita: del corpo, dell’alcol e della droga, ma anche dell’acqua limpida, dell’azzurro del cielo, delle notti stellate e, soprattutto, di amore, amicizia e scrittura.
Tené Crevel, figura per eccellenza della “generazione perduta” degli anni Venti, come l’ha definita Gertrude Stein, enfant terriblee arcangelo ribelle del Surrealismo, è l’autore di romanzi, poesie e saggi. Nato a Parigi nel 1900, vi muore suicida nel 1935 dopo una vita ribelle, tormentata da drammi familiari e dalla tubercolosi. Tra le sue opere: La morte difficile(1926), I piedi nel piatto (1933) e il pamphlet Il clavicembalo di Diderot (1932).
René Crevel, Il mio corpo ed io [Mon Corps et moi], a cura di Paola Dècina Lombardi, Elliot 2016, pp. 100, ISBN: 9788869930614