In questo saggio autobiografico, contenuto in The Devil Find Works (1976) e per la prima volta tradotto in italiano, James Baldwin affronta e mette in relazione i principali temi che attraversano la sua opera: il valore e l’importanza dell’eccezione, del diverso, e il suo eterno conflitto con la norma; il senso dell’essere nero nella storia e nel presente degli Stati Uniti.
Prendendo spunto dai suoi iniziali incontri con il cinema (e anche con la letteratura), grazie a Orilla Miller, una coraggiosa maestra, l’autore collega con una lucidità impareggiabili realtà e immaginario, spiegando come il secondo spesso manchi di cogliere la prima, perché assume la forma di uno specchio orientato se non proprio deformante. La voce del cinema americano è quella dei privilegiati, mentre Baldwin affida alla propria scrittura il compito di ricordare gli ultimi e gli oppressi. E come annota nella sua prefazione il giovane scrittore francese Édouard Louis “nella cultura è compresa una violenza intrinseca”, a meno che, come nelle opere di Baldwin, la si definisca in opposizione alla cultura dominante.
“Se Vincent van Gogh è stato l’artista-santo del Diciannovesimo secolo, James Baldwin lo è stato del Ventesimo.” Michael Ondaatje
James Baldwin, Congo Square, trad. it. di
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